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Fin dalla sua fondazione, il concorso Scrivere di Cinema è intitolato ad Alberto Farassino.

Piemontese, classe 1944, Alberto Farassino fu collaboratore del quotidiano La Repubblica e docente di cinema presso le Università di Trieste e di Pavia. La sua passione per l'arte cinematografica l'aveva portato negli Anni Settanta a essere uno dei punti di riferimento delle attività cinefile di Milano, dove fu lavoratore culturale ed esercente alternativo al Club Nuovo Teatro di Milano prima e al Cineclub Brera poi. Nell'arco della sua carriera ha anche ricoperto i ruoli di consigliere della Scuola Nazionale di Cinema e, per un breve periodo, di Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. È stato anche responsabile di festival cinematografici come Riminicinema, Anteprima del cinema indipendente di Bellaria e MystFest di Cattolica.

Alberto Farassino è stato capace di portare avanti un discorso guida sul cinema della modernità con saggi su Bunuel, Gitai, Ruiz, Doillon, ma anche rivolto al cinema del passato, dal cinema muto a quello contemporaneo, sempre con un desiderio di scoperta affrancata ad un'analisi mai perniciosa, ma distinta nel ricercare i motivi salienti di come s'inventa il cinema. La sua passione per Godard l'ha portato dinanzi a un monolitico lavoro di rielaborazione del pensiero immagine-filosofia di uno dei registi più inafferrabili del Novecento, con una filmografia sterminata e piena di stimoli visivi. Un lavoro importante quello di Farassino che ci restituisce la statura di un regista che ha fatto delle sperimentazione un linguaggio a sé, pieno del flusso dei pensieri in una chiave interpretativa intrinseca di significati, sempre viscerale nella sua esposizione ma capace di dare vita a operazioni filmiche imperdibili, dove la storia è fatta con le immagini, che lasciano un solco per il futuro. Come scrive il collega e amico Tatti Sanguineti nella prefazione al libro Scritti strabici (Baldini Castoldi Delai, 2004), che raccoglie una selezione di recensioni di Farassino apparse su La Repubblica dal 1975 al 1988, quella di Alberto Farassino "fu una vita per il cinema, vissuta da un critico che non fu mai accademico, pesante, noioso; se cominci un suo pezzo lo leggi fino alla fine. Nei suoi pezzi si avverte non solo una tensione etica, civile e spesso didattica ma anche un conoscere i propri polli, uno stare in campana, un diffidare costante dei conformismi, delle mode, dei luoghi comuni, dei dettami, delle semplificazioni accomodanti".


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